Barbara Bonfilio: il corpo, la memoria, la luce – Conversazione con l’artista
Per la serie Stupor Mundi Ellebi Lab ha coinvolto l’artista calabrese Barbara Bonfilio, la cui ricerca pittorica esplora da sempre il rapporto fra corpo, ambiente e interiorità. Con lei abbiamo parlato della genesi di Aurum Natura, della figura di Isabella d’Aragona e della sfida che ha rappresentato il dover trasformare la pittura in accessori e oggetti che abitano la quotidianità.
Nella tua ricerca artistica indaghi spesso il rapporto fra corpo, soggetto femminile, ambiente e interiorità. In che modo questo approccio è confluito nei lavori pensati per Ellebi Lab?
La mia ricerca nasce da un’urgenza personale: quella di esplorare il corpo come luogo di memoria, trasformazione e resistenza. Il soggetto femminile è una figura centrale, non solo come identità biologica ma come simbolo di stratificazione storica, simbolica e culturale. Nei lavori pensati per Ellebi Lab ho voluto portare avanti questa riflessione cercando di fare emergere una femminilità che dialoga con l’ambiente, che si fonde con esso, che lo abita e al contempo ne è abitata.
Questi lavori hanno preso il nome di Aurum Natura: perché?
Aurum Natura è un titolo che tiene insieme una tensione, una dualità che mi affascina da tempo. L’oro come materia e insieme elemento alchemico che attraversa l’opera, che la illumina e ne rivela la profondità; la natura come matrice originaria, il grembo da cui tutto nasce. Come forza, ciclicità, radicamento. Unire questi due concetti significa per me riconoscere il valore del sacro nel quotidiano, della bellezza che resiste nel tempo, della femminilità come spazio fertile e luminoso. Aurum Natura è un invito a guardare oltre la superficie, a cercare il prezioso nell’essenziale.
In questo progetto sviluppato per la serie Stupor Mundi hai dialogato con elementi del patrimonio locale e, in particolare, con il monumento di Isabella d’Aragona. Cosa ti ha guidata in questa scelta?
La figura di Isabella d’Aragona mi ha colpita profondamente. è una donna che ha attraversato la storia con forza e intelligenza ma che è stata relegata, silenziosa, ad un ruolo secondario nella narrazione ufficiale. Il suo monumento solido e austero mi ha fatto riflettere sul modo in cui le donne vengono ricordate e celebrate. In generale, il dialogo con il patrimonio locale è stato per me un modo per radicare il progetto in un contesto vivo e creare un ponte tra pietra e carne, storia e visione. Isabella è diventata una guida silenziosa che ha orientato il mio lavoro insieme con forza e delicatezza.
Come vivi la collaborazione con Ellebi Lab?
La collaborazione con Ellebi Lab è stata e continua ad essere una delle esperienze più stimolanti dell’ultimo periodo. Ho trovato un ambiente aperto, curioso, capace di accogliere la mia ricerca con rispetto e attenzione. Lavorare con Marilena e Claudia significa poter condividere idee, dubbi, intuizioni e sentirsi parte di un progetto più ampio che mette al centro l’arte come motore di pensiero e relazione. Mi ha consentito di esplorare nuove direzioni, di mettermi in discussione e approdare a linguaggi che non avevo ancora esplorato. È poi una relazione umana fatta di fiducia e di entusiasmo. Ellebi Lab è un luogo di crescita e di scambio.
Come hai vissuto la sfida di tradurre la tua pittura e le tue atmosfere in oggetti e accessori?
Si è trattata di una sfida affascinante; mi ha costretta a ripensare il mio linguaggio in modo radicale. La pittura per me è un processo lento, meditativo, che nasce da un tempo interiore. Trasformare tutto ciò in accessori ha richiesto un lavoro di sintesi, ma anche di fedeltà poetica. Ho cercato di mantenere intatta l’atmosfera delle mie opere, seppur tramutandole in forme che possono essere vissute e indossate. Ogni accessorio è pensato come frammento di narrazione, come paesaggio da portare con sè.
Accettare questa sfida è stato un modo per rendere la mia arte più accessibile senza rinunciare alla profondità. Ho scoperto nuovi modi di raccontare ed essere creativa.